Un'informazione più mirata

Il sovraccarico di informazioni e la poca chiarezza hanno spinto il 70% degli intervistati a cambiare atteggiamento nei confronti dell’informazione in tempo di pandemia, in particolare il 16% di loro afferma di aver apportato un cambio radicale. Questo si concretizza soprattutto nella ricerca di un’informazione più mirata per il 56% degli individui e in una più netta attribuzione di credibilità ad alcune fonti selezionate per il 20%.
Inoltre il 40% degli intervistati ha dichiarato di non informarsi in maniera continuativa, ma con picchi attenzionali, questo è successo in misura maggiore per le donne (42%) rispetto agli uomini (37%). Le motivazioni di questo risultato sono la percezione di costante confusione informativa per il 75% del campione e la necessità di un allontanamento da una realtà problematica per la restante parte.
In questo nuovo approccio all’informazione risultano rilevanti tutte quelle fonti che sanno fornire indicazioni, trasmettere competenza ed essere credibili, anche dando spazio a esperti e opinion leader o testimoni sul campo. Il  43% si affida a dati e bollettini sul contagio, il 35% a servizi del TG e il 31% ad interviste di medici e operatori televisive. La dimensione social è rilevante per il 45% del campione, anche se i canali sono più diversificati. In particolare, i social rivestono un ruolo importante rispetto agli altri contenuti informativi: sono rilevanti per il 20%, soprattutto sotto forma di testimonianza diretta.
Infine, il 7% associa poca importanza alle informazioni su virus scambiate all’interno della propria rete relazionale. Questo comporta l’abbandono del confronto con chi ha una visione diversa dalla propria e la chiusura attorno al proprio gruppo relazionale per evitare lo scontro.
 

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