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ANSIA COVID: INFLUENCING E NETWORKING SU INSTAGRAM E TIK TOK

Il tema della salute mentale nel racconto degli influencer in periodo pandemico

 

È un dato di fatto che negli ultimi due anni la nostra vita sia stata influenzata dal Coronavirus: le sue conseguenze sono state e sono principalmente fisiche, ma anche psicologiche. È quanto ci dicono alcuni studi condotti in questi anni, come il seguente studio di Statista datato 2020, che ci mostra la percezione mondiale dell'impatto del virus sulle persone:

 

 

Impatto particolarmente forte per i giovani della Generazione Z e non solo: lo conferma uno studio della rivista Nature del 2020, condotto da un team di psicologi che hanno sottoposto ad un campione di giovani di età compresa fra i 16 e i 25 anni, un questionario denominato "Short Mood and Feelings Questionnaire", il quale ha individuato proprio in questa fascia di età il più elevato tasso di sintomi depressivi e ansiosi correlati al lockdown e alle sue conseguenze. 

 

I giovani sono quindi coloro che maggiormente hanno risentito della pandemia, a livello mentale soprattutto e con una netta prevalenza del genere femminile.

Ma non è da trascurare il vissuto dei giovani di età inferiore ai 16 anni: come conferma l'Istituto Gaslini di Genova, una sintomatologia depressiva e ansiosa è stata riscontrata anche nei bambini di età compresa fra i 6 e i 16 anni, nonché sotto i 6 anni. 

 

Qual è stato allora il modo prescelto dai più giovani per affrontare le conseguenze dell'isolamento e gestire la propria ansia e solitudine? Sicuramente l'uso continuo dei social network e l'aver potuto contare su figure di riferimento in rete è stato fondamentale nelle giornate infinite a casa. Il tutto è inoltre coerente con l'aumento riscontrato nell'utilizzo dei social dai giovani da parte dell'Osservatorio Italiano sull'Influencer Marketing (OIM), il quale nel grafico che segue -tratto da uno studio del 2020-, enfatizza quanto sia stata rilevante per i giovani la presenza in rete dei cosiddetti influencer e quanti cambiamenti nel ruolo e nelle attività di questi content creator ci siano stati:

 

 

Ed è quindi sugli influencer e sul loro lavoro sui social che ci si è voluti concentrare, focalizzandosi in particolare su due case history esplicative dei meccanismi di networking e influencing di Instagram e Tik Tok, due dei social più utilizzati dai giovani. 

Partendo da un'analisi estensiva di un campione di 40 influencer, si è scelto di focalizzarsi sul profilo instagram della Psicologa Virale (la Dott.ssa Giuseppina de Cristofaro) e sul profilo Tik Tok della giovane ballerina Chiara Verzella, per una ragione comune: ovvero la promessa comunicativa fatta dalle due divulgatrici ai loro followers, relativamente al tema della salute mentale in periodo pandemico. 

 

Le due giovani creator infatti hanno affrontato sui loro profili questo tema molto delicato, con due prospettive complementari: nel caso della Psicologa, si è trattato di una prospettiva professionale, nel caso della Tik Toker della prospettiva di una persona che soffre di ansia da anni. Un lavoro impegnativo che è stato molto apprezzato dai loro seguaci, come mostrano i commenti e gli apprezzamenti ricevuti dalle influencer sui loro profili: questa è inoltre la conferma di quante persone si siano sentite comprese e si siano identificate in questi discorsi a favore di una crescente promozione del tema della salute mentale, nonché di una stigmatizzazione degli stereotipi in merito. 

 

 

 

 

Due le suggestioni che emergono: la gratitudine dei fan, base fondante del loro rapporto di fiducia con i divulgatori, e la scottante evidenza della quantità di persone che hanno avuto bisogno del supporto degli influencer per acquisire consapevolezza sulla propria salute mentale. Questo rende sempre più evidente la necessità di figure autorevoli che sappiano "fare rete" sul web e sui social -luoghi molto vissuti-, specialmente in un periodo incerto come quello pandemico, ascoltando i bisogni delle persone più sensibili e facendo chiarezza sui risvolti psicologici che il Coronavirus ha avuto su molte persone. 

 

Quali sono in conclusione gli spunti e le prospettive da adottare per il futuro?

Prima di tutto, bisognerà lavorare nell'ottica di incrementare sempre più il potenziale di sensibilizzazione e caring tipico dei social network, che come ci ha mostrato il primo lockdown, possono essere sfruttati efficacemente da influencer ma anche professionisti sanitari per comunicare alcuni temi ostici nel modo più appropriato e più vicino alle persone possibile; è infatti sempre elevato il rischio di diffusione di fake news

 

In secondo luogo, sempre per quanto concerne le strutture sanitarie e chi ci lavora, sarà opportuno porre particolare attenzione alla comunicazione sanitaria realizzata sui social network, aprendosi inoltre al concetto nuovo di "cura online". Infatti sono numerosi i professionisti che hanno rivisitato il loro modo di lavorare e si sono aperti, ove possibile, alle cure erogate online: parliamo di esperti della salute mentale, che hanno lavorato tramite video-colloqui negli ultimi due anni. Questa modalità di lavoro dovrà integrarsi parallelamente con la cura in presenza. 

 

Infine, sempre nell'ottica dell'integrazione offline-online, sarebbe opportuno proporre iniziative di sensibilizzazione onlife nelle scuole e per i più giovani, che ricordiamo esser la fascia più colpita psicologicamente dalla pandemia. Con questo termine, si indicano quelle attività nelle quali è impossibile distinguere fra offline e online, secondo una definizione di Luciano Floridi; nel caso delle scuole, potrebbe trattarsi di attività di educazione compiute da professionisti del settore sanitario che andrebbero a coinvolgere i giovani non solo nel modo tradizionale -basato principalmente sulla trattazione teorica-, ma anche e soprattutto servendosi dei social network e delle strategie comunicative che essi offrono. 

 

Servirsi dei social network potrebbe infatti esser una metodologia vincente per coinvolgere i giovani e sensibilizzarli sul tema della salute mentale in maniera più smart e più nelle loro corde, coerentemente con il loro incessante utilizzo dei social e con i dati già emersi sul grado di fiducia che nutrono verso i divulgatori. 

Ultimo spunto, forse il più difficile da realizzare e che lascia aperti tanti interrogativi: riuscire a spronare all'utilizzo dei social -col fine di informarsi e per l'ascolto attivo degli influencers su alcune tematiche-, anche le fasce di età meno avvezze al rapporto con questi divulgatori, ad esempio gli over 50. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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