Dipendenza da smartphone: scollegarsi per ritrovarsi
I giovani di oggi manifestano una continua e costante necessità di essere sempre aggiornati, informati e connessi, bisogno che porta alla nascita di specifiche modalità di accesso all’informazione e di particolari tipologie di rapporto con i dispositivi mobili.
Opinion Leader 4 Future si è occupato di indagare le dinamiche che caratterizzano la ricerca delle informazioni da parte dei più giovani, coinvolgendo in una ricerca 200 studenti del corso di Metodi e Strumenti della Media Research della laurea in Linguaggi dei Media, di età compresa tra i 19 e i 24 anni.
Nello specifico, l’analisi evidenzia che l’accesso all’informazione può verificarsi:
- in modo temporalizzato, ovvero in particolari momenti della giornata, o in modo interstiziale, cioè tra un impegno e l’altro (in totale il 74% degli studenti intervistati si riconosce in una di queste due fattispecie)
- in modo consequenziale, quindi a partire da una singola notizia che riporta ad altre da esplorare (52%), o relazionale, in quanto può avvenire anche attraverso segnalazioni che partono dalla propria rete di conoscenze (44%)
Inoltre, la ricerca di informazioni può essere:
- verticale, se parte da un bisogno o interesse specifico (53%)
- di natura protettiva-immersiva, se rappresenta un pretesto per estraniarsi dal contesto circostante (15%)
Per quanto riguarda le modalità di fruizione delle informazioni e le tipologie di linguaggio utilizzate sulle piattaforme digitali, le infografiche risultano essere le preferite dagli intervistati (45%), seguite dai video (36%) e, infine, dai contenuti testuali (19%).
Nel contesto di questa ricerca, è stato anche chiesto ai 200 studenti coinvolti di sperimentare la privazione del proprio smartphone per 24 ore. Da tale esperimento è emersa una dipendenza da dispositivi mobili, legata soprattutto alla continua esigenza di ricercare informazioni e dati, utilizzati dai giovani per essere in collegamento con il mondo e avere una bussola che li orienti nel quotidiano.
Tale dipendenza è stata classificata come gestuale nell’atto istintivo e involontario di controllare ripetutamente lo schermo, sensoriale nella sensazione di essere in una bolla e protetti dal mondo esterno, monitorante nell’osservare cosa accade, rimanere sempre connessi e documentare ogni momento della propria vita.
“Una volta sconnessi i ragazzi hanno riscoperto capacità di osservazione e riflessive, che apparivano depotenziate e inespresse: per esempio riconsiderare il piacere dell’attesa, rivalutare la bellezza degli ambienti che si attraversano, godere del silenzio o ancora “tornare a scrivere prima di addormentarsi. L’esperimento della “disimmersione”, ovvero scollegarsi dai dispositivi digitali e dalla rete, ha consentito ai nostri studenti di raggiungere un livello di consapevolezza e autoanalisi molto più alto rispetto ai modi e al senso delle loro pratiche quotidiane”, ha dichiarato Chiara Giaccardi, professore ordinario di Sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore. “Emerge un’ambivalenza: da un lato il bisogno di essere connessi e non sentirsi tagliati fuori, dall’altro il desiderio di una protezione, una barriera, verso un mondo sentito forse come troppo complesso e sfidante. La scommessa formativa riguarda proprio il lavorare sul livello della consapevolezza per favorire, piuttosto che un ritiro dal mondo di cui si ascoltano gli echi filtrati dai dispositivi, un desiderio di coinvolgimento attivo e contributivo anche attraverso le possibilità offerte dal digitale”.