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Architettura e videogiochi: il caso di Fromsoftware

Architettura e videogiochi: il caso di Fromsoftware

 

di Stefano Giovannini

 

Il videogioco è tassello essenziale nel mosaico delle Digital Humanities: laddove la ludicità incontra la tecnologia digitale s’è affermato, dagli Anni ’90, un numero viepiù crescente di opere d’indubbia significatività artistica e socioculturale.

È possibile esaminare i videogiochi in rapporto alle Digital Humanities da molteplici punti di vista, tra i quali l’architettura delle ambientazioni: lo studio del Dott. Francesco Toniolo PhD (pubblicato sulla rivista scientifica piano b, del Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna), di séguito riassunto, adotta tale prospettiva per ripercorrere uno dei fattori, il level design, maggiormente contribuenti al successo di una delle serie più in voga nella decade 2009-2019, i “Souls” di FromSoftware (in ordine di pubblicazione: Demon’s Souls, Dark Souls, Dark Souls II, Bloodborne, Dark Souls III e Sekiro: Shadows Die Twice).

 

 

Pur nell’impossibilità, data la prossimità temporale, di determinare se i Souls abbiano creato un nuovo genere, Toniolo ne sottolinea l’influenza sul settore, portando ad argomento la proliferazione di videogiochi ad essi ispirati per atmosfera e meccaniche, i cosiddetti “soulslike”. L’elemento architettonico del level design dei Souls è di cardinale importanza nella progettazione di tali videogiochi, parte di quell’“articolato equilibrio tra le sue parti, non facile da replicare e che, talvolta, la stessa software house non è riuscita a stabilire appieno”, nelle parole dell’autore. Ruolo fondamentale nel design architettonico dei Souls è svolto dalle concept art, di cui parte è stata pubblicata nelle raccolte Design Works di Dark Souls ed Official Artworks di Bloodborne, cui si aggiunge un libretto di artworks commercializzato internamente alla limited edition di Demon’s Souls.

 

 

Di particolare interesse per gli studi sull’arte architettonica italiana è Anor Londo, città divina ispirata al Duomo di Milano. Toniolo riporta come il designer Masanori Waragai abbia dichiarato di “esser rimasto colpito dai contrafforti e di aver immaginato come sarebbe stato poter camminare sopra di essi”. Tale esempio pare difficilmente escludibile dal novero delle prove del legame fra videogiochi e cultura, altrove evidenziato dall’autore. Peraltro l’impiego della struttura architettonica della cattedrale meneghina ha prodotto soluzioni particolarmente efficaci in termini di giocabilità, come testimoniato dalla pletora di video inerenti su YouTube: “L’aggiunta di due nemici correttamente posizionati ha prodotto una sequenza piuttosto nota (e ricorrente in tutte le compilation di rage moments di Dark Souls su YouTube), in cui il personaggio controllato dal giocatore è costretto a correre lungo uno di questi contrafforti, mentre viene bersagliato da gigantesche frecce”.

 

 

Altro adattamento dell’architettura medievale europea, in questo caso romanica, è l’uso di Mont Saint-Michel come ispirazione per le rovine di New Londo. Nella fattispecie l’architettura del rudere si fonde colla dinamica oceanografico-fisica mareale, creando inedite soluzioni di gameplay: “Le rovine di New Londo sono in larga parte sott’acqua, quando il giocatore le raggiunge per la prima volta e, in un secondo momento, l’abbassamento dell’acqua apre nuovi percorsi e spinge a ricontrollare anche le zone già visitate”.


Il fascino del gotico europeo ottocentesco sul game director Hidetaka Miyazaki ha condotto alla realizzazione della città di Yharnam in Bloodborne, popolata da orrori di matrice lovecraftiana. Toniolo segnala come l’elemento architettonico stia a fondamento del concept livellare, nonché la frequente “marginalizzazione” di tale fattore “nelle analisi sulle città videoludiche”. In quella sorta di Londra dickensiana che è Yharnam - spiega l'autore - neonate esigenze di gameplay si confanno ad un innovativo design delle vie percorribili: “a esser significativa è soprattutto la loro ampiezza: sono sufficientemente strette da trasmettere una certa sensazione di claustrofobia, soprattutto perché ‘schiacciate’ dagli alti palazzi ai loro lati, ma al tempo stesso risultano più ampie di certe strettoie nei precedenti Souls”.

 

 

Questi spazi architettonici spiccano negli sguardi panoramici sul mondo di gioco, fungendo da punti di riferimento e, almeno nelle intenzioni, contribuendo alla credibilità dell’ambientazione. Toniolo concorda con Barzan (2016) nel paragonare i mondi dei Souls a dei quadri Weltlandschaft (“world landscape”) “nel loro essere spazi in apparenza molto vasti, in cui risaltano – a prescindere dalla loro lontananza – determinati edifici o luoghi”. Sottolinea poi come allorché le connessioni (che l’autore definisce ‘spazi di decompressione’) tra le aree urbanistico-architettoniche principali non siano perfettamente giustificate e calibrate, tale organizzazione spaziale possa nuocere all’esperienza di gioco, come accade eclatantemente in Dark Souls II, nell’incoerenza o assurdità dell'ambientazione nel suo insieme. A ribadire l’importanza dell’architettura come fonte d’ispirazione per gli elementi ludonarrativi, Toniolo segnala che, analizzando i map data, c’è chi, come lo youtuber Sanadsk, è riuscito a ricostruire parte di aree parzialmente abbandonate nel level design definitivo, i cui elementi rimasti sembrano aver determinato la lore: per esempio, nel caso del Forte Ferreo, alcuni rimasugli di fonderia da un design precedente: “La storia di quel luogo e del suo sovrano sono state dunque, probabilmente, modulate di conseguenza, introducendo degli elementi che rimandassero al fuoco e alla forgiatura, per giustificare queste presenze residue”.

 

 

In conclusione, lo studio di Toniolo sottolinea la triplice facoltà dell’architettura in-game, evocativa di atmosfere, narrativa di lore e coercitiva (non a caso l’insistenza sull’importanza delle prigioni in diversi capitoli della serie) di gameplay, rafforzando l’argomentazione per cui il videogioco sia artefatto culturale rilevante, pertanto imprescindibile oggetto d’analisi delle Digital Humanities.

 

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