di Nicoletta Raffa
Diversità e inclusione (talvolta abbreviato in D&I) è un binomio che sempre più spesso e forte risuona nelle nostre quotidianità.
Alcune aziende prevedono ad esempio programmi di diversity & inclusion, affidati alle Risorse Umane o a uffici dedicati, per garantire varietà ed equilibrio (di genere, etnia, socioculturale) all’interno del proprio organico.
I social media poi si sono rivelati negli ultimi anni terreno fertile e prezioso per rappresentare e raccontare la diversità e promuovere l’inclusione presso i giovani e giovanissimi.
Su Instagram e TikTok numerosi profili affrontano il tema della diversità con focus e in modi diversi.
La diversità sui social media è uno spettro: da diversità come appartenenza a una minoranza culturale, un’etnia, una religione diverse da quelle dominanti, a diversità sotto il profilo dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere, passando per la diversità psicofisica dei corpi disabili, malati, non conformi.
Ed è sempre più frequente che i giovani che si trovano in una o più (a beneficio della teoria intersezionale) di queste condizioni, scelgano di raccontare la loro esperienza sui social, costruendosi un buon seguito, alimentando community altamente ingaggiate e fidelizzate e diventando a tutti gli effetti content creator, influencer, leader differenti.
Il racconto di sé e della propria diversità (o delle proprie diversità) può nascere dal desiderio di condivisione e supporto, ma anche dal bisogno di denunciare una condizione, una sperequazione, un’ingiustizia legata a una certa forma di diversità.
È bene precisare anche che i temi di diversità e inclusione non sono appannaggio esclusivo dei nostri leader differenti, influencer e creator, si è detto, che vivono in prima persona la diversità. Il novero dei leader differenti è infatti supportato da un altrettanto ricco numero di “alleati”, persone che non hanno esperienza diretta di una certa forma di diversità ma agiscono e si impegnano affinché quella diversità venga riconosciuta, normalizzata, cancellata. Di solito sono soggetti con un elevato livello di expertise che filtrano fatti di cronaca, rappresentazioni, prodotti mediali in cui è mancato il rispetto verso una tal forma di diversità e ne restituiscono una lettura critica.
La Professoressa Sara Sampietro ha intervistato la leader differente Chiara Bucello.
Chiara Bucello, siciliana, classe 1993, è sorda dalla nascita, porta l’impianto cocleare ed è un’oralista (non conosce e non utilizza la LIS, Lingua Italiana dei Segni). Dal suo profilo Instagram, Chiara si rivolge a 11mila follower e con loro condivide momenti di vita quotidiana, le vacanze in Toscana, le bellezze sicule, il suo lavoro come graphic designer (Chiara è laureata magistrale in Grafica Editoriale) e racconta il percorso di accettazione dell’ipoacusia e di convivenza con essa.
Tramite brevi video (i reel di Instagram) dal tono spesso ironico e iperbolico, Chiara apre una finestra sulla sua vita: la vediamo prendere in giro la madre inventando che l’impianto cocleare è caduto dal balcone, togliere l’impianto cocleare e non sentire un amico che la chiama al cellulare e suona alla porta di casa (l’amico dovrà far saltare il contatore di casa Bucello perché Chiara si accorga della sua presenza) o ancora smentire i pregiudizi degli udenti nei confronti dei sordi, sfatare i luoghi comuni sulla sordità.
Chiara Bucello si è inoltre mossa in prima linea per promuovere l’accessibilità agli utenti sordi del contenuto delle Instagram stories tramite l’uso di sottotitoli. La pandemia da Covid-19 infatti ha messo in luce, tra le altre cose, le difficoltà esperite dagli oralisti nel non poter più leggere il labiale altrui a causa della mascherina.
Da qui, la richiesta di Chiara che ha contattato personalmente una folta schiera di influencer, chiedendo loro di utilizzare i sottotitoli nelle Instagram stories e di promuoverne l’uso presso i follower. Esistono infatti apposite applicazioni (sia per Apple sia per Android) che se abilitate, inseriscono automaticamente i sottotitoli nelle stories parlate.
Racconto di sé, ironia e sensibilizzazione sono le cifre della comunicazione social di Chiara Bucello.
E proprio su questa missione, l’uso dei social media per sensibilizzare sui temi di diversità e inclusione, la Professoressa Sampietro si è confrontata con Chiara.
Chiara afferma che non le piace il termine “inclusività”: «non dovrebbe esistere l’esclusione da un gruppo sociale perchè si è poveri, di razza o religione diverse, disabili. Ma questo succede ed è brutto, mi auguro che la società civile capisca, anche se siamo ancora lontani, che siamo tutti diversi e che la diversità dovrebbe arricchire e non discriminare. Come diceva il grande Victor Hugo, “che importanza ha la sordità dell’orecchio, quando la mente sente. L’unica vera sordità, l’incurabile sordità, è quella della mente”».
L’influencer dichiara di avere scelto di condividere la propria storia sui social in quanto strumenti che consentono di arrivare velocemente a un gran numero di persone: «è stata una sfida con me stessa».
Raccontando con tono ironico le difficoltà che talvolta, anche nella quotidianità più semplice, affronta, Chiara non si aspetta che la sua disabilità generi disagio o compassione negli altri, da chi la circonda, online e offline, vuole solo «un comportamento normale».
Certo, Chiara era consapevole delle critiche che avrebbe potuto ricevere e pronta ad accoglierle, ma il riscontro da parte della community di Instagram è stato sorprendente. «Non credevo di ricevere tanti messaggi positivi e di appoggio. (…) Quindi mi sono meravigliata quando la mia storia è diventata virale», dichiara.
Il suo progetto di comunicazione, racconta Chiara, nasce dal desiderio di condividere una riflessione su pregiudizi e social media e precisamente, su come un certo uso dei social possa cavalcare stereotipi e pregiudizi esistenti, alimentandoli o opporsi a essi, decostruendoli. Nelle parole di Chiara, stereotipi e pregiudizi socio-culturali alzano «un muro invisibile, difficile da valicare e oltrepassare». Dall’altra parte del muro si trovano i “diversi”, persone discriminate per colore della pelle, religione, cultura, orientamento sessuale, disabilità.
Chiara sottolinea anche la centralità della diversità nel linguaggio utilizzato per rivolgersi a e parlare di persone affette da disabilità: «“diversamente abili”: una definizione che mette in primo piano la diversità e non la persona, l’essere che si cela dietro un’etichetta data da qualcun altro».
In questa lotta ai “muri” e alle “etichette”, la presa di coscienza e il racconto di sé da parte dei leader differenti come Chiara Bucello, diventano strumenti di una militanza social per una reale inclusione che garantisca alle persone con disabilità una voce e una rappresentazione rispettosa, non abilista e soprattutto, umana.